Nei primi mesi del 2015 ha funzionato più o meno così. L’euro perdeva quota nei confronti del dollaro e le Borse dell’area euro beneficiavano dalla svalutazione competitiva della valuta di Eurolandia. Nel frattempo il quantitative easing avviato a marzo dal governatore della Bce Mario Draghi (ma praticamente annunciato a fine gennaio) spingeva sui minimi storici i rendimenti dei titoli di Stato dell’Eurozona. Allo stesso tempo il super-dollaro contribuiva a tener basse le quotazioni del petrolio che a sua volta, alimentavano pressioni deflazionistiche, convincendo sempre più i mercati che la Bce andrà avanti con il quantitative easing, cioè con lo stampare soldi a beneficio dei titoli di Stato, creando una distorsione nel livello di rischio, spingendo quindi gli investitori a comprare più azioni per andare a caccia di rendimenti in uno scenario di tassi obbligazionari azzeranti.