La Fed rischia di scatenare la «tempesta perfetta» sugli emergenti?

fed La Fed sta preparando i mercati da mesi (se non da anni) all’idea che, per la prima volta da un decennio, ci sarà un rialzo del costo del denaro. Nonostante questa prudenza e benché quanto dichiarato dal presidente Janet Yellen una decina di giorni fa, sia solo una conferma di quanto i mercati avevano in messo in conto da tempo, gli investitori hanno reagito con un certo nervosismo.

Bersaglio della volatilità la scorsa settimana sono state le materie prime. Il mercato delle commodities soffre di una debolezza strutturale: c’è un eccesso di offerta a fronte di una domanda stagnante. Questa debolezza è accentuata dal rafforzamento della valuta in cui sono quotati (la prospettiva di un rialzo dei tassi ha fatto risalire il dollaro) e da un fattore più contingente: il recente collasso dei mercati azionari cinesi. L’imposizione di restrizioni alle vendite sulla Borsa di Shanghai – hanno riferito diversi broker in questi giorni – ha spinto infatti molti investitori a trovare un’alternativa per “coprirsi” dal rischio Cina. Andare al ribasso su alcune commodities, come il rame, fortemente correlate al ciclo economico della Repubblica popolare è stata una delle strategie più gettonate.

Le turbolenze sulle materie prime si sono accompagnate a forti svalutazioni delle cosiddette “commodity currencies”, cioè le monete dei Paesi produttori. Nell’ultimo mese il dollaro canadese si è svalutato del 6% sul “cugino” americano toccando un nuovo minimo dal 2004. Lo stesso è successo a quello australiano che viaggia sui minimi dal 2009 mentre quello neozelandese in tre mesi è sceso del 14 percento.

 

 

 

 

 

di Andrea Franceschi – leggi su Il Sole 24 Ore

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